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N E W S C O N T A T T I R I C E R C A L I N K S F O R U M

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    E' un video di circa 15 minuti liberamente tratto dal film "Il Coraggio" (1958) di L. Paolella, con Tot� e Gino Cervi. E' una divertente metafora della "presa in carico" del paziente e delle naturali conseguenze che, dalle caratteristiche modalit� della iniziale presa in carico, derivano. Il video si presenta alla riflessione sia dei singoli terapeuti che alle istituzioni complesse. I temi del video sono riassunti nelle note che seguono e che sono da sfondo ad un articolo pi� dettagliato curato da Paolo Boccara, Andrea Gaddini e Giuseppe Riefolo:

Come possono cambiare i servizi se cambiano i pazienti

    I servizi psichiatrici territoriali, nati fondamentalmente come sfida alla soluzione custodialistica della malattia mentale, dopo essersi occupati - negli anni successivi alla riforma - degli effetti della istituzionalizzazione prolungata, si stanno misurando con l'arduo compito di sviluppare soluzioni terapeutiche per i tanti e diversi pazienti che vi si rivolgono.

    Nelle varie richieste di trattamento si evidenziano le pi� diverse patologie: il numero delle stesse si � diversificato in modo considerevole sollecitando quindi i servizi ad adeguare i propri obiettivi a questi cambiamenti, ad individuare nuove priorit� valutando non solo i bisogni del paziente quanto la intersezione fra bisogni del paziente e potenzialit� autentiche del servizio stesso.

    Se il servizio difende rigidamente la propria identit� e le proprie modalit� operative, a questi cambiamenti nell'utenza pu� corrispondere un acuta "saturazione" delle potenzialit� del servizio. Per altri versi i cambiamenti nell'utenza possono sollecitare evoluzioni nella identit� culturale e persino nella organizzazione del servizio: la "saturazione" pu� essere assunta come un segnale di "crisi" di un sistema che, attraverso la propria capacit� di "autonomia" (Maturana e Varela, 1980) pu� inventare nuovi obiettivi e nuove organizzazioni. Secondo un altro modello teorico: la "saturazione" del servizio introduce frustrazione, la cui tolleranza permette di cogliere nuovo pensiero (Bion).

    In questi ultimi anni, invece, abbiamo spesso assistito, nei nostri servizi "forti", ad una collusione tra l'immensit� dei bisogni dei pazienti, i desideri delle famiglie di ottenere soluzioni assistenziali ideali, e nel contempo simmetriche fantasie di onnipotenza nella iniziale disponibilit� totale dei terapeuti.

    Il tema di "guardare al campo", all' "incontro", oltre che alla composizione della mente del paziente, significa sapere dove si �, e cosa si pu� fare realmente, in ogni momento del percorso col paziente, dall'accoglienza alle terapie pi� lunghe e complesse. Non a caso, il tema del "campo", � ambito privilegiato di ricerca della psicoanalisi del nostro tempo.

    Nell' andare incontro al paziente e nell' essere attivo agente di un cambiamento terapeutico (raggiungibile anche con mezzi altri e distinti da quelli dell'attivit� interpretativa tradizionale), l'analista ha dato sempre pi� importanza al coinvolgimento personale nella sua relazione col paziente e alle nuove potenzialit� terapeutiche che si prospettavano attraverso l'attenta analisi di tale coinvolgimento ( Bordi 1995).

    Si pu� allora tentare di stabilire una correlazione tra i diversi modi in cui i pazienti possono utilizzare l'incontro col curante e le loro diverse modalit� di "essere in relazione con" il servizio (Modell 1994), fin dalla formulazione della richiesta e dalla fase di accoglimento di questa.

    Molto spesso i servizi si organizzano come se dovessero erogare sempre e comunque "terapie". Il numero di pazienti, la loro gravit�, il numero limitato di operatori, rende un tale compito non solo impossibile da realizzare ma anche inadeguato ai diversi obiettivi del servizio pubblico. In questo "campo" viene gradualmente ad essere messo in risalto l'autentico bisogno dei pazienti che, molto spesso si concentra semplicemente nell'esperienza di poter essere finalmente accolti ed ascoltati per quello che sentono di essere, presentando la loro fragilit� -che chiede di essere rispettata prima che curata- non come fallimento ma come tentativo faticoso di identit� e di esistenza. Ci accorgiamo come molto spesso i pazienti, in una particolare fase della loro vita, chiedano l'accompagnamento attento, e non la rassicurazione passivizzante, o chiedano l'autorizzazione a riconoscersi sofferenti e non malati per alcune vicende della loro vita. Ci� impone al servizio e agli operatori il "coraggio" di potersi autenticamente rappresentare limitati verso un paziente che, a pi� livelli, chiede di essere riconosciuto nei suoi aspetti vitali anche se, apparentemente, ci sollecita a "rivitalizzarlo" totalmente.

    La formazione degli operatori, particolarmente quella psicoanalitica, pu� orientarsi verso il "campo" creandolo ambiente di ascolto, possibilit� di incontro e di relazioni sufficientemente contenitive, che non necessariamente si identificano sempre con la relazione terapeutica duale e con progetti di totale presa in carico della vita reale del paziente.

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