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GIORGIO SASSANELLI Preso
in senso generale, fondamentalmente, questo piccolo e denso libro discute
intorno alle caratteristiche della relazione terapeutica all�interno di un
campo analitico; ma ci� � persino ovvio in un�opera che, gi� nel titolo,
dichiara di occuparsi di psicoanalisi. Il progetto immediatamente pi� specifico
� si intuisce sin dalle prime pagine � � quello di cogliere il campo del
mito come modello di alcuni livelli di relazione terapeutica. A questo punto il
progetto del libro comincia a definirsi e sembra portare qualche contributo
nuovo alla teorizzazione clinica psicoanalitica. La dichiarazione di questo
progetto la troviamo, esplicita, abbastanza avanti, quando oramai � stata
abbondantemente documentata e, ritengo, possa essere di un qualche interesse
nella linea di chiarire e rendere clinicamente
pi� �effettivi� (Bion) i modelli psicoanalitici: ��i codici vigenti sembrano qualificarsi pi� per il nome
dell�autore che li ha elaborati che non per il settore di esperienza umana che
essi sono maggiormente in grado di cogliere e significare; per cui si parla di
codice (o lessico) freudiano, kleiniano, bioniano e cos� via� sembrerebbe
dunque opportuno elaborare un discorso psicoanalitico con riferimento non ai
vari codici nominali, ma ai quattro codici relazionali corrispondenti alle
quattro grandi forme di relazione umana e ai rispettivi miti� (p. 96-97).
I quattro codici che Sassanelli individua (Narcisistico,
edipico-normativo, passionale-isterico e percettivo-proiettivo) sono il fulcro
intorno a cui � costruito il libro e rispetto ai quali viene organizzata la
descrizione del caso clinico di Ester. Questi quattro codici sono a loro volta
fondati sul modello dei miti corrispondenti ed in questo senso i miti, a me
sembra, assumono un valore descrittivo estremamente utile, fondamentalmente
simile all�uso che ne fa Freud per il mito di Edipo, ovvero come metafora di
una fase e di una esperienza evolutiva. �I
miti � propone Bion � forniscono
un�espressione sintetica delle teorie psicoanalitiche che hanno rilevanza
nell�aiutare l�analista sia a percepire lo sviluppo del paziente sia a dare
interpretazioni che illuminino taluni aspetti dei problemi pertinenti al suo
sviluppo�(Gli elementi della psicoanalisi,
p. 79). Nello stesso testo, non a caso, Bion comprende il mito fra gli
�elementi della psicoanalisi� collocandolo nella fila C della griglia
insieme ai pensieri onirici e ai sogni.
Penso che questo, per� sia riduttivo rispetto al progetto che Sassanelli
sembra proporsi: i miti puntano alla rappresentazione di rispettivi codici
ed esperienze relazionali perch� � nell�ambito della relazione
Oggetto-S� che l�Autore colloca esplicitamente la sua proposta dell�uso del
mito: �Avremo a che fare con altrettanti
codici quanti sono i campi relazionali individuati� (p. 91). Questo,
comunque, rimane un punto che, anche se centrale, a mio parere rimane sospeso
nel libro e cio�, mentre sono ben chiare le caratteristiche del mito come
strumento �descrittivo� di alcuni modelli di esperienza relazionale, non �
chiaro quanto per l�autore il mito sia da assumere come elemento prototipico
della organizzazione mentale, ovvero che abbia una propria funzione
trasformativa originale attiva. Secondo un codice bioniano questa funzione
trasformativa (alfa) viene individuata in modo preciso: �...il
mito di Edipo... � una parte essenziale dell�apparato di apprendimento negli
stadi primitivi dello sviluppo� (Bion). Nella
linea della individuazione, attraverso l�uso dei miti, dei 4 campi di
esperienza relazionale, appare estremamente utile la differenziazione � che,
chiaramente ha un valore soprattutto teorico prima che clinico � tra oggetto
narcisistico (gli oggetti-S� propriamente detti) ed oggetto empatico. Nella
linea espositiva dell�Autore le due posizioni sono riferibili l�una al mito
di Narciso, alla traslazione speculare e al campo di relazione narcisistica;
l�altra al mito di Telemaco, alla traslazione gemellare e al campo di
relazione percettivo-proiettivo o empatica. � importante soprattutto la
ricaduta clinica di questa differenziazione in quanto colloca
l�oggetto-narcisistico nel luogo dell�assenza
di un oggetto arcaico rispecchiante differenziandolo dalla necessaria
funzione �ambientale� empatica di sostegno alla frustrazione che ne deriva: �nel campo che stiamo esaminando, l�oggetto non ha un volto, ma solo
una funzione: quella coesiva e strutturante grazie alla quale il soggetto
acquisisce una sua stabilit� e consistenza a prescindere da ogni processo di
trasformazione delle immagini mentali di s� (p.62). Rappresentare l�oggetto-narcisitico
come oggetto che si colloca nella lacuna strutturale del paziente, prima che nella linea del sostegno
empatico, pu� risultare di un certo interesse nella clinica dei servizi
territoriali, particolarmente nell�approccio a pazienti molto regrediti �
comunemente, e un po� genericamente definiti �gravi�- o verso quei
pazienti che da qualche tempo chiamiamo �non-collaborativi�. Di fondo, in
questo livello di patologie, terapeuti, operatori e gli stessi servizi sono
immediatamente chiamati ad assolvere ad un funzione di oggetto-narcisistico, un
oggetto che �non abbia un volto, ma una
funzione�, prima che una funzione empatica. Nella
prima parte del libro sono precisati alcuni concetti che molto spesso risultano
confusi nella teoria e nella clinica psicoanalitica. L�Autore tenta un �Recupero del concetto di narcisismo� ripercorrendo in modo
critico la linea teorica che, secondo la psicoanalisi classica, porta il
narcisismo a diluirsi nell�amore oggettuale. Ritorna una rilettura critica di
Kohut che, nei Seminari, per
narcisismo ed amore oggettuale proponeva di ��pensare
a due linee di sviluppo indipendenti� (p. 9). Rispetto a questo punto,
Sassanelli ha il merito di porre il tema di riflessione, pur dedicandovi espressamente lo spazio di un piccolo paragrafo
cos� che non risulta molto chiaro quanto questo recupero sia nella linea �
come sembra fare lo stesso Kohut attraverso la proposta delle �due linee
evolutive indipendenti� - di �rivalutare� il narcisismo rispetto al
prevalere dell�amore oggettuale
pi� adulto, piuttosto che, come mi sembra implicito nella teoria della
psicologia del S�, di sottolineare la complementariet� del Narcisismo e
dell�amore oggettuale in quanto, nella Psicologia del S�, il narcisismo
assume caratteristiche essenzialmente strutturali rispetto alla scelta
oggettuale. Kohut, in Narcisismo ed analisi del S�, sembra occuparsene quando descrive un
�oggetto narcisistico� (l�imago parentale idealizzata) e un �soggetto
narcisistico� (il S� grandioso), ma � come rileva lo stesso Sassanelli �
il tentativo non risulta estremamente chiaro sul piano teorico: �Un
attento esame dell�esperienza interiore, permette cos� di operare una
distinzione tra lo status relativo di S�
e di �oggetto� del S� grandioso e dell�imago parentale idealizzata: il
primo ha qualit� di soggetto, la seconda � un oggetto-S� arcaico (transizionale)
investito di una forma transizionale di libido narcisistica� (Kohut, Narcisismo
ed analisi del S�, p. 40). Credo si possa accettare l�ipotesi di
Sassanelli che �in entrambe le
configurazioni andrebbe individuato un �soggetto narcisistico� ed un
�oggetto narcisistico� od �oggetto-S� (p. 11). Si tratta di
approfondire, come mi sembra, su altri versanti, abbia cercato di fare Bollas (l�ombra
dell�oggetto, 1987), le ampie potenzialit� che derivano da un precisa
differenziazione clinica del S� come struttura e del S� come oggetto: fra
queste due posizioni, come � evidente, non vi � un rapporto di esclusivit�,
ma di complementariet�. Il tema della ricerca � estremamente ampio e
Sassanelli ha il merito di tentare una definizione del campo di indagine. Giuseppe Riefolo |