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GIORGIO SASSANELLI
La psicoanalisi e i suoi miti.

Borla,  Roma, 1997, pp. 137, 30.000 lire.

Preso in senso generale, fondamentalmente, questo piccolo e denso libro discute intorno alle caratteristiche della relazione terapeutica all�interno di un campo analitico; ma ci� � persino ovvio in un�opera che, gi� nel titolo, dichiara di occuparsi di psicoanalisi. Il progetto immediatamente pi� specifico � si intuisce sin dalle prime pagine � � quello di cogliere il campo del mito come modello di alcuni livelli di relazione terapeutica. A questo punto il progetto del libro comincia a definirsi e sembra portare qualche contributo nuovo alla teorizzazione clinica psicoanalitica. La dichiarazione di questo progetto la troviamo, esplicita, abbastanza avanti, quando oramai � stata abbondantemente documentata e, ritengo, possa essere di un qualche interesse nella linea di chiarire e rendere  clinicamente pi� �effettivi� (Bion) i modelli psicoanalitici: ��i codici vigenti sembrano qualificarsi pi� per il nome dell�autore che li ha elaborati che non per il settore di esperienza umana che essi sono maggiormente in grado di cogliere e significare; per cui si parla di codice (o lessico) freudiano, kleiniano, bioniano e cos� via� sembrerebbe dunque opportuno elaborare un discorso psicoanalitico con riferimento non ai vari codici nominali, ma ai quattro codici relazionali corrispondenti alle quattro grandi forme di relazione umana e ai rispettivi miti� (p. 96-97).

            I quattro codici che Sassanelli individua (Narcisistico, edipico-normativo, passionale-isterico e percettivo-proiettivo) sono il fulcro intorno a cui � costruito il libro e rispetto ai quali viene organizzata la descrizione del caso clinico di Ester. Questi quattro codici sono a loro volta fondati sul modello dei miti corrispondenti ed in questo senso i miti, a me sembra, assumono un valore descrittivo estremamente utile, fondamentalmente simile all�uso che ne fa Freud per il mito di Edipo, ovvero come metafora di una fase e di una esperienza evolutiva. �I miti � propone Bion � forniscono un�espressione sintetica delle teorie psicoanalitiche che hanno rilevanza nell�aiutare l�analista sia a percepire lo sviluppo del paziente sia a dare interpretazioni che illuminino taluni aspetti dei problemi pertinenti al suo sviluppo�(Gli elementi della psicoanalisi, p. 79). Nello stesso testo, non a caso, Bion comprende il mito fra gli �elementi della psicoanalisi� collocandolo nella fila C della griglia insieme ai pensieri onirici e ai sogni.

            Penso che questo, per� sia riduttivo rispetto al progetto che Sassanelli sembra proporsi: i miti puntano alla rappresentazione di rispettivi codici  ed esperienze relazionali perch� � nell�ambito della relazione Oggetto-S� che l�Autore colloca esplicitamente la sua proposta dell�uso del mito: �Avremo a che fare con altrettanti codici quanti sono i campi relazionali individuati� (p. 91). Questo, comunque, rimane un punto che, anche se centrale, a mio parere rimane sospeso nel libro e cio�, mentre sono ben chiare le caratteristiche del mito come strumento �descrittivo� di alcuni modelli di esperienza relazionale, non � chiaro quanto per l�autore il mito sia da assumere come elemento prototipico della organizzazione mentale, ovvero che abbia una propria funzione trasformativa originale attiva. Secondo un codice bioniano questa funzione trasformativa (alfa) viene individuata in modo preciso: �...il mito di Edipo... � una parte essenziale dell�apparato di apprendimento negli stadi primitivi dello sviluppo� (Bion).

 Nella linea della individuazione, attraverso l�uso dei miti, dei 4 campi di esperienza relazionale, appare estremamente utile la differenziazione � che, chiaramente ha un valore soprattutto teorico prima che clinico � tra oggetto narcisistico (gli oggetti-S� propriamente detti) ed oggetto empatico. Nella linea espositiva dell�Autore le due posizioni sono riferibili l�una al mito di Narciso, alla traslazione speculare e al campo di relazione narcisistica; l�altra al mito di Telemaco, alla traslazione gemellare e al campo di relazione percettivo-proiettivo o empatica. � importante soprattutto la ricaduta clinica di questa differenziazione in quanto colloca l�oggetto-narcisistico nel luogo dell�assenza di un oggetto arcaico rispecchiante differenziandolo dalla necessaria funzione �ambientale� empatica di sostegno alla frustrazione che ne deriva: �nel campo che stiamo esaminando, l�oggetto non ha un volto, ma solo una funzione: quella coesiva e strutturante grazie alla quale il soggetto acquisisce una sua stabilit� e consistenza a prescindere da ogni processo di trasformazione delle immagini mentali di s� (p.62). Rappresentare l�oggetto-narcisitico come oggetto che si colloca nella lacuna strutturale del paziente, prima che nella linea del sostegno empatico, pu� risultare di un certo interesse nella clinica dei servizi territoriali, particolarmente nell�approccio a pazienti molto regrediti � comunemente, e un po� genericamente definiti �gravi�- o verso quei pazienti che da qualche tempo chiamiamo �non-collaborativi�. Di fondo, in questo livello di patologie, terapeuti, operatori e gli stessi servizi sono immediatamente chiamati ad assolvere ad un funzione di oggetto-narcisistico, un oggetto che �non abbia un volto, ma una funzione�, prima che una funzione empatica.

 Nella prima parte del libro sono precisati alcuni concetti che molto spesso risultano confusi nella teoria e nella clinica psicoanalitica. L�Autore tenta un �Recupero del concetto di narcisismo� ripercorrendo in modo critico la linea teorica che, secondo la psicoanalisi classica, porta il narcisismo a diluirsi nell�amore oggettuale. Ritorna una rilettura critica di Kohut che, nei Seminari, per narcisismo ed amore oggettuale proponeva di ��pensare a due linee di sviluppo indipendenti� (p. 9). Rispetto a questo punto, Sassanelli ha il merito di porre il tema di riflessione, pur  dedicandovi espressamente lo spazio di un piccolo paragrafo cos� che non risulta molto chiaro quanto questo recupero sia nella linea � come sembra fare lo stesso Kohut attraverso la proposta delle �due linee evolutive indipendenti� - di �rivalutare� il narcisismo rispetto al prevalere  dell�amore oggettuale pi� adulto, piuttosto che, come mi sembra implicito nella teoria della psicologia del S�, di sottolineare la complementariet� del Narcisismo e dell�amore oggettuale in quanto, nella Psicologia del S�, il narcisismo assume caratteristiche essenzialmente strutturali rispetto alla scelta oggettuale.  Kohut, in Narcisismo ed analisi del S�, sembra occuparsene quando descrive un �oggetto narcisistico� (l�imago parentale idealizzata) e un �soggetto narcisistico� (il S� grandioso), ma � come rileva lo stesso Sassanelli � il tentativo non risulta estremamente chiaro sul piano teorico: �Un attento esame dell�esperienza interiore, permette cos� di operare una distinzione tra lo status relativo di  S� e di �oggetto� del S� grandioso e dell�imago parentale idealizzata: il primo ha qualit� di soggetto, la seconda � un oggetto-S� arcaico (transizionale) investito di una forma transizionale di libido narcisistica� (Kohut, Narcisismo ed analisi del S�, p. 40). Credo si possa accettare l�ipotesi di Sassanelli che �in entrambe le configurazioni andrebbe individuato un �soggetto narcisistico� ed un �oggetto narcisistico� od �oggetto-S� (p. 11). Si tratta di approfondire, come mi sembra, su altri versanti, abbia cercato di fare Bollas (l�ombra dell�oggetto, 1987), le ampie potenzialit� che derivano da un precisa differenziazione clinica del S� come struttura e del S� come oggetto: fra queste due posizioni, come � evidente, non vi � un rapporto di esclusivit�, ma di complementariet�. Il tema della ricerca � estremamente ampio e Sassanelli ha il merito di tentare una definizione del campo di indagine.

Giuseppe Riefolo