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Natale Losi
Vite altrove. Migrazione e disagio psichico
Con contributi di G. Cardamone, M. Corrente,
R. Del Guerra, C. Edelstein, S. Inglese, F. James,
S. Mellina, A. Merini, F. Santarini e S. von Overbeck Ottino
Feltrinelli, Milano, 2000, pp. 364, euro 21,69

Nota: questa recensione � pubblicata anche nella rivista on-line Funzione Gamma

            Natale Losi, sociologo, antropologo, psicoterapeuta familiare, docente all'Universit� di Ginevra, � responsabile a Roma dell'Unit� psicosociale e di integrazione culturale dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM).

         Il suo ultimo libro, Vite altrove. Migrazioni e disagio psichico, gi� dal titolo suggerisce una dislocazione spaziale e/o temporale della esistenza.

         In un�epoca in cui il fenomeno delle migrazioni pu� essere avvertito, soprattutto nel mondo occidentale, quasi come dice il titolo di un recente film Le invasioni barbariche (film che peraltro, nel suo stile cinico e dissacratorio, sottolinea come le invasioni barbariche si siano verificate nel periodo della dissoluzione dell�impero romano e abbiano poi portato al medioevo), questo libro affascinante sembra guardare al fenomeno delle migrazioni come ad una condizione esistenziale da cui nessuno pu� prescindere: in fondo tutti siamo migranti e anche chi non ha mai lasciatoil suo paese o la sua citt� di origine compie comunque una migrazione nella vita da un�et� ad un�altra, spesso da una famiglia (e quindi da un sistema di valori) ad un�altra.

      Tale osservazione non va intesa certamente nel senso di sminuire la portata di quello che rappresenta per tanti il �trauma migratorio�, quanto come considerazione preliminare prima di affrontare situazioni e temi che altrimenti potrebbero essere considerati �altri�.

        In questa cornice che comprende lo spaesamento, il doppio, il perturbante, la nostalgia (dicono i Grinberg: �� chiaro che non si torna mai, si va sempre via�), Losi ci introduce inizialmente a una riflessione etnopsichiatrica sul fenomeno migratorio nelle sue diverse manifestazioni (migranti, esiliati, rifugiati, ecc.), sottolineando l�importanza del �progetto migratorio� e delle sue diverse fasi.

       Successivamente propone l�utilizzo della fiaba indoeuropea, secondo le funzioni definite da V.J. Propp, per interpretare i momenti di passaggio del processo migratorio (e degli snodi essenziali dell�esistenza di ciascuno), affiancando la metafora del viaggio interno con la migrazione reale, nell�intento di creare un legame tra mondo interno e mondo esterno di chi emigra e dare un senso all�esperienza psichicamente dolorosa e conflittuale che il paziente-migrante sta sperimentando.

       La descrizione del dispositivo terapeutico proposto in Francia da Tobie Nathan � per Natale Losi la premessa per comprendere il concreto svolgimento del processo terapeutico e la sua impostazione teorica: i pazienti non sono accolti in quadro di terapia duale, ma da un gruppo, costituito dal terapeuta principale, da co-terapeuti con origini culturali diverse, di differenti approcci teorico-pratici (psicodinamico, antropofenomenologico, di terapia familiare, ecc.) e dai mediatori culturali; tale contesto gruppale accoglie i pazienti e i familiari e cerca di costruire con loro uno spazio e un linguaggio comuni, aprendo alla possibilit� di esprimere pi� narrazioni possibili dello stesso evento o dello stesso sintomo e costruire cos� un ponte tra passato e presente e futuro possibile.

        La funzione terapeutica quindi non proviene semplicemente dall�esterno, ma viene sollecitata a riattivarsi in quanto funzione interna all�individuo e al sistema di cui � parte attraverso la co-costruzione di una lingua e di una storia comuni al gruppo.

        Tutto ci� diventa possibile rinunciando alla assoluta prevalenza del modello psichiatrico occidentale, europeo e americano e aprendo l�orizzonte alla considerazione delle culture �altre� (e con ci� Losi intende non solo quelle di altre parti del mondo ma anche le culture subalterne �nostre�, per esempio del Sud d�Italia). In questo senso viene sottolineata l�importanza del concetto di sincretismo, nella sua funzione di collante tra una logica puramente razionale e altre logiche, circolari e riferibili a universi multipli, funzione di ponte tra passato e presente, soprattutto in una societ� creolizzata che si presenta sempre pi� complessa.

         Il rigore metodologico, la riflessione teorica e l�accurata gestione dell�approccio clinico permettono a un�impostazione cos� originale di evitare i rischi della confusione e dell�approssimazione che spesso caratterizzano certe pratiche terapeutiche definite nuove. 

         Le storie cliniche narrate dai collaboratori diretti di Losi, da lui stesso e da altri appassionati di etnopsichiatria, mostrano come l�esperienza della migrazione conduca molto spesso (in particolare per la situazione dei rifugiati) a una �fragilizzazione� della persona, e in particolare � proprio chi rimane all�incrocio tra mondi diversi senza avere gli strumenti per completare il passaggio che spesso sviluppa una sintomatologia psichiatrica.

        La perdita del luogo di origine (e per gli esiliati e rifugiati si tratta di perdite multiple) e dei riti culturali (compresi quelli funerari di separazione dai defunti) porta a una perdita dell�involucro psichico che va ricostruito nel processo terapeutico per poter permettere una ripresa del senso della persona nel mondo.

        Il caso di Armand, un bambino zairese rifugiato a Ginevra con la madre e la sorella e traumatizzato dalle guerre tribali in cui era stato coinvolto, � appassionante ed emblematico: anche la triplice narrazione, da angolature differenti, di tre dei terapeuti che hanno partecipato al dispositivo curante, permette di cogliere aspetti inusuali; sembra di ricordare le differenti narrazioni del Rashomon di Kurosawa, ma nella realt� del percorso terapeutico le narrazioni convergono nella possibilit� per Armand e la sua famiglia, di ri-appartenere a qualcuno, a qualcosa, in un involucro culturale e psichico in cui � possibile sentirsi protetti.

       Anche le altre interessanti storie cliniche sono emblematiche della variet� delle esperienze dal Nord al Sud dell�Italia e della necessit� da parte dei curanti di disporre di strumenti culturali che permettano di comprendere mondi culturali apparentemente distanti e multiformi.

        Questa emblematicit�, come dice Losi, �non riguarda tuttavia solo l�immigrato, ma lui con noi, cittadini e terapeuti, che viviamo nell�incontro con questo individuo �altro� il rispecchiamento della nostra esperienza esistenziale, e l�inadeguatezza di teorie e nosografie incapaci di comprendere disturbi e comportamenti non previsti dai nostri manuali�.

                                                                            Teresa Gerace