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Un metodo difficile Giuseppe
Riefolo �Sarei
riuscito a trattenere la ragazza se avessi� Sabine. C�� una prima storia d�amore,
quella che tutti sono invitati a seguire nel momento in cui entrano nella sala
del cinema: una giovane donna gravemente isterica che incontrer� un analista
alle sue prime armi il quale si far� prendere dal suo stesso metodo pericoloso
perch�, come scriver� Freud a Jung, nel transfert, soprattutto con le pazienti
isteriche, si tratta di �maneggiare la dinamite� e con essa alcune volte ci
si pu� far male. In questo senso ho trovato che il film parlasse piuttosto di
un metodo difficile, piuttosto che pericoloso e la difficolt� � rappresentata
dalla fatica e sofferenza che la partecipazione dell�analista al processo
comporta. Il pericolo sembrerebbe riguardare il particolare incontro nel
transfert fra un uomo ed una donna, mentre la difficolt� c�� sempre. Tuttora
gli analisti sanno che proprio gli isterici sono i pazienti pi� difficili da
curare perch� essi trovano facilmente una �guadagno secondario� dalla loro
organizzazione patologica eppoi perch� da sempre, da Charcot in poi, si sa che
sono sempre loro a governare il campo attraverso la raffinata modalit� di
proiettare nell�altro una sterile potenza. Il film ci presenta Sabine, una
paziente isterica, per quegli anni �classica� grande hysterique. Ma
gli analisti, ora sanno che non c�� bisogno di aspettare i �pazienti
isterici�, ma che continuamente nei processi analitici con ogni paziente siamo
chiamati a cimentarci con transitorie configurazioni isteriche: �noi
tutti abbiamo strutture borderline, schizoidi ed isteriche latenti nella nostra
personalit��(Bollas 2000, 86). Gli analisti sanno che devono sempre ricercare
configurazioni isteriche quando i pazienti ci fanno sentire particolarmente
bravi, quando troviamo tutte le classiche categorie della psicoanalisi nel sogno
giusto al momento giusto e quando alcune fasi di crisi, per piccoli nostri
interventi, sembrano magicamente risolversi. In quelle situazioni incontriamo
invece la vera sofferenza del paziente in sottili sensazioni di noia che ci
prendono in seduta e, magari comportamenti in cui cerchiamo di metterci in
evidenza quando siamo fuori e magari proprio quando partecipiamo ad eventi
psicoanalitici. E� il controtransfert, e non il transfert, il luogo
dell�isteria: ��alcuni colleghi mi dissero che non sapevano cosa fosse
l�isteria, ma che se si imbattevano in un isterico lo riconoscevano!� (Brenman,
1985, 217). Il film intuisce questo doppio registro che il paziente da un lato
consegna al campo analitico e contemporaneamente proietta sul suo analista. In
questo senso mi ha fatto riflettere un�affermazione che, al primo incontro,
Jung consegna alla sua paziente: �le propongo di incontrarci in questa stanza,
ogni giorno, per parlare� semplicemente per parlare! Cos� potremo capire il
motivo della sua malattia�. L�affermazione propone al paziente due progetti:
da un lato l�apertura di uno spazio di incontro in cui si conosce solo il
metodo. L�altro progetto riguarda il desiderio e il potere dell�analista che
attraverso il �metodo del parlare� pretende si possa cogliere l�origine
della sofferenza. La storia di infinite terapie e la storia stessa raccontata
dal film dimostrano che il secondo progetto � per definizione il campo minato
dell�isteria dove il paziente si � insediato con quote variabili di dinamite
e dove nessun paziente far� mai passare indenne nessun analista per il semplice
motivo che in quel campo i pazienti nascondono la sofferenza con l�onnipotenza
attiva. Forse � questo che alcuni analisti chiamano �il falso falso-S� degli
isterici� (Maffei, 2004), ovvero una sofferenza che viene presentata come
irritante onnipotenza di cui i pazienti si lamentano, ma che procura loro
concreti vantaggi a cui non sanno rinunciare. Solo sul piano della comunicazione
effettiva, quando sospendiamo ogni operazione attiva e adottiamo una visione di
campo, riusciamo a cogliere la solitudine insostenibile dell�isterico.
Infatti, la solitudine di Sabine, non � la solitudine ontologica delle
configurazioni psicotiche, ma l�espulsione da un luogo eccitante totalmente
occupato dal padre e dove � assente la madre (Bollas, 2000). La cura difficile
se non impossibile � quella di mantenere ad oltranza la disponibilit� del
metodo consegnando al paziente non desideri o interpretazioni raffinate, ma la
loro impotenza che cogliamo attraverso la noia, la sottile disforia e la fatica
fisica che essi hanno bisogno di segnalare (Bollas, direbbe: di restituire ad
una madre che non ha saputo introdurre l�epifania della sessualit�): �
nell�impotenza che incontriamo l�isteria; gli agiti onnipotenti ne sono la
copertura. La paziente oggettivamente risulta molto migliorata a seguito della
cura, non certo per il desiderio di Jung, quanto per la capacit� del suo
analista di sopravvivere nonostante le numerose ferite. La conferma � Otto
Gross che ritiene di poter trovare per forza spazio al proprio desiderio: �le
dia quello che vuole!� se passi davanti ad un�oasi devi bere� mai
reprimere nulla!�. Ma il film dice che Otto Gross � gravemente segnato da una
particolare forma di sofferenza in cui il piacere lo devi trovare sempre perch�
non puoi permetterti di rinunciarci: esattamente la forma di sofferenza delle
configurazioni isteriche. Il film dice che i pazienti sono curati non tanto da
ci� che riusciamo a dire, ma soprattutto da ci� che gli analisti sono
laddove conoscono bene la propria fatica. E� proprio Jung che confessa a
Sabine: �solo chi � ferito pu� curare!�. Per quanto fosse ovvio aspettarsi
il classico attacco alla psicoanalisi in quanto metodo pericoloso a cui
nei film soccombe puntualmente lo stesso analista, non mi � sembrato affatto
che il film si occupasse in modo strumentale delle violazioni del setting e,
peraltro, devo riconoscere che in tal senso � sufficientemente rispettoso:
mette subito in evidenza che il metodo e la teoria sono rivoluzionari e
affascinanti e che un giovane Jung si introduce nel campo della sperimentazione
lanciando una sfida apparentemente impossibile ai metodi del manicomio che sullo
sfondo risaltano nella loro gravit�: �� la persona che cercavi per il tuo
trattamento sperimentale?�. La storia tiene a sottolineare in pi� punti che
si tratta di una ex paziente di Jung e che, evidentemente, la terapia analitica
con quella quota di amore che necessariamente corre fra paziente ed analista,
deve essere stata di grande aiuto per la paziente Spielrein. Il regista deve
aver avuto un sospetto: descrive Sabine soprattutto come assistente prima che
paziente. Dov�� il pericolo per il quale il titolo ci invitava al
cinema? Ho pensato a Bion che parla del paziente come �unico collaboratore che
abbiamo in analisi� (1983, 10 e 52) e a quel punto vedevo i due presi
dall�impotenza pi� che dall�erotismo:�voglio che tu mi punisca� e Jung
che la sculaccia sul letto. La scena � triste, niente di erotico esattamente
come nelle storie di isteria in cui la sessualit� � uno strumento di potere e
non giunge mai al gioco eccitante e condiviso: �l�isterica vive le
esperienze sessuali come un tradimento della fiducia che ripone nel partner e un
brutale sfruttamento della propria sessualit�.� (Masud Khan, 1975, 171).
Forse � per questo che nel film di Faenza ricordo i mugugni della sala che
partecipava alle scene erotiche, mentre questa volta nel cinema nessun mugugno!
Semmai, il tono della perversione � nella figura di Otto Gross in cui si
intuisce che la psicoanalisi viene dopo ed � al servizio di una sofferenza di
fondo che riguarda l�analista ben prima di essere �analista� (cosa che
Gross non pot� essere�). Jung appare continuamente come il ricercatore anche
un po� naive, troppo piccolo rispetto al compito a cui si dedica e
Sabine � capace di usare un proprio spazio al riparo, per quanto contiguo, da
quello dei maestri. Sono i maestri che fanno fatica a governare la sua assenza:
�ti sei sposata?.., � un russo?� lui com��?�; �E� un ebreo
russo� � un uomo buono!� Mi hanno detto che hai una nuova amante!�. Jung
guarda il ventre di Sabine: �avrebbe dovuto essere mio� Ho bisogno di
Toni� mi fa pensare a te!�. L�ultima scena � bella perch� Sabine � in
una carrozza che l�allontana da Jung. La scena � bella perch� si chiude con
una paziente che � capace di piangere. Carl. Nel film c�� un�altra storia d�amore,
ovvero quella che si tesse e che si interrompe ben pi� traumaticamente e con
esiti ben pi� gravi, tra Jung e Freud. Ho pensato che per il regista fosse la
storia pi� importante. E� la storia dell�incontro tra una persona che
diventa anziana � uno pi� giovane che gli prometta ancora vita. C�� poco di
analitico in questa storia d�amore, ma semplicemente, anche in questo caso, la
negoziazione di due campi di potere, ma gli analisti sono uomini e il potere �
quello antico dei capi che � come entrambi sanno bene � dovranno essere
uccisi da nuovi capi pi� giovani. Non so se c�entra la storia fra un padre e
un figlio, ma a me ha fatto pensare alle difficolt� che ciascuno incontra nella
vita quando tocca qualcosa che attiene a quella particolare forma di solitudine
che nessuno pu� lenire: per quanto si tratti di una grave sofferenza, quando ci
riusciamo la sentiamo una fortuna impagabile. Si tratta di quella dimensione
estremamente fugace di profonda e netta solitudine che cogli quando senti di
esistere per quello che sei e gli altri sono solo dei buoni compagni di viaggio
che non devono renderti nulla. Freud immagina di dover dare accoglienza al
giovane Jung che per questo dovr� restituirgli una vita pi� lunga: �Io ho
soltanto aperto una porta. Spetta ai giovani come lei attraversarla!�. Jung
sfugge molto presto da quel desiderio di Freud e lo avvisa gi� della sua
capacit� di essere differente da lui: mentre Freud gli parla delle proprie
difficolt� a sostenere una famiglia di sei figli, Jung sottolinea di avere
�una moglie straordinariamente ricca!�. Lo stesso Jung commenter� ad Emma
che Freud deve essersi molto risentito nel confrontare �la nostra casa con il
suo piccolo appartamento di Vienna!�. Infine, sulla nave che li porta in
America, ancora una distanza: �� mia moglie che si � occupata dei
particolari del viaggio e temo che io abbia un posto in prima classe!�. Non mi
interessa il senso psicoanalitico di tutto questo; per Sabine e Jung si pu�
parlare di psicoanalisi e della sua difficolt�, mentre per Freud e Jung la loro
storia � quella di due uomini attratti da una particolare forma di amore
reciproco a cui la stessa Sabine rimarr� estranea. Mi � piaciuto seguire la
storia di due uomini, prima che di due psicoanalisti, perch� so che gli uomini
vengono prima della psicoanalisi. Per questo Freud nel film � un povero uomo
che invecchia ed ha paura di perdere tutto; per questo si innamora di Jung e per
questo Jung lo incontra per poi lasciarlo. Per la prima volta ho pensato che non
sia stato Freud a lasciare Jung, ma � come per Sabine � � il contrario: �
l�oggetto d�amore che cerchi che ha potere su di te e poi, necessariamente
si emanciper� dal tuo possesso e ti insegner� la separazione. Se in queste
circostanze non ti senti tradito, partecipi alla felice vitalit� dell�altro
che si sta separando da te e cogli per un attimo quella sensazione di intensa
esistenza in cui l�altro ha potuto usarti e non ti deve niente! Il film dice
invece che Jung ha lasciato Freud e questo si � sentito tradito. Il regista. Il film permette al regista (e allo
spettatore) di guardare dall�altra parte dove, per definizione i pazienti
pensano di non essere ammessi, ovvero nella zona degli affetti e della vita
stessa dell�analista. Ho pensato ad una paziente che mi racconta in seduta che
oggi si � soffermata con piacere e curiosit� ad osservare un suo studente a
lezione. Ha pensato ai genitori di quel ragazzo a come potessero essere:
�forse il padre era un medico!� non so bene perch� ho pensato che potesse
essere un medico. Quel ragazzo era molto per bene� suo padre sicuramente era
orgoglioso di lui�. Mentre Alba parla considero che io, nonostante lei abbia
provato a spiegarmelo cinque anni fa all�inizio dell�analisi, non ho mai
capito chi le abbia dato il mio recapito e come mai sia venuta proprio da me a
chiedere l�analisi! Suggerisco che forse si fa domande su di me: se ho dei
figli, chi sono e, fuori della stanza di analisi, cosa posso pensare di lei. La
risposta di Alba mi sorprende: �lo sa, dottore, che non mi sono mai posta
domande su di lei? Effettivamente non ho mai immaginato che potesse avere dei
figli e come pu� essere la sua vita fuori da qui!�. Attraverso i film la
cultura comune si chiede come sono gli analisti nella loro vita e se provano le
stesse emozioni dei loro pazienti. Dietro questa idealizzazione i pazienti
accedono alla felice scoperta di essere fatti della stessa materia degli altri e
che la propria mente funziona come quella di chi ti serve per vivere. Qualche
giorno fa durante la seduta Giorgio, un altro paziente, ha scoperto di aver
dimenticato l�onorario. Si � inarcato sul lettino per potermi guardare:
�volevo vedere la sua espressione, dottore!� Ho commentato che il problema,
forse, non erano i soldi che poteva darmi la volta successiva, ma il suo
progetto di sentirsi vivo e capace di modificare le mie emozioni e cercare di
capire se nelle emozioni io e lui eravamo simili! Semmai ci si doveva chiedere
come mai per sentirsi vivo doveva sentire di danneggiare qualcuno!�. Nel film,
il regista, inarcandosi sul lettino per vedere la reazione del suo analista Jung,
trova un uomo che fa fatica e che, a seguito anche della relazione con i suoi
pazienti, porta dolore e fatica nella propria vita. Per quanto questa storia
possa essere lo stereotipo dei film che parlano di psicoanalisti, ho pensato che
si tratta di una specie di sogno (Ferro 2010) prima che di una descrizione che i
registi fanno sulla psicoanalisi e in qualche modo � per quanto aggressivo �
ne intuiscono la difficolt� (che nel gergo dei film, quando tocca il tema della
sessualit�, viene chiamata pericolosit� �). Il senso vivo e non
strumentale del film mi viene restituito se il regista � attraverso un
registro iconico � mi stesse raccontando: �ho fatto un sogno in cui lei,
dottore, curava una paziente molto grave e tradiva sua moglie per stare con lei
e poi la paziente la lasciava��. Mille di questi sogni entrano nelle stanze
di analisi e sempre meno agli analisti interessa il potere di trionfo maniacale
del paziente sulla frustrazione del processo analitico, mentre per gli analisti
� importante l�interesse vivo per qualcosa che i pazienti possono cogliere
del proprio funzionamento solo sbirciando nel bagaglio umano del proprio
analista: �credo che le pressioni che un paziente esercita nel costringere
l�analista a rinunciare al suo diritto alla privacy siano determinate non
semplicemente dal bisogno di conoscere l�analista, ma da un desiderio di
conoscere ci� che l�analista conosce del paziente, ma che ha dissociato� (Bromberg,
2006, 153). La curiosit� del regista per quello che c�� oltre il setting,
ma � largamente presente nel campo analitico, � ci� che da un po� di
tempo pi� mi incuriosisce dei film che parlano di analisti e di psicoanalisi.
In questo film questa curiosit� mi � sembrata molto viva e discreta, a tratti
potente quando il regista indaga la strana storia d�amore di due grandi uomini
che nella loro intimit� possono essere riconosciuti, per fortuna, piccoli e
della stessa pasta dei loro pazienti. Il mio paziente Giorgio la volta
successiva ha portato l�onorario, ma si � dimenticato di consegnarmelo: mi ha
chiamato, molto allarmato e dispiaciuto per scusarsi, ma io so che lui continua
ad incuriosirsi verso le mie emozioni che ora vuole sfidare oltre i limiti molto
stretti che nella vita ha potuto permettersi. Io so che � curioso di sapere
fino a che punto pu� ferirmi senza che io mi senta tradito. Io. Ero entrato al cinema un po� con la
sensazione ingombrante di un compito inevitabile, per via del mio mestiere. Per�
io so che quando si spengono le luci trovo facilmente quella speciale condizione
di solitudine lieve in cui lo schermo coglie le mie preoccupazioni urgenti. Il
film questa volta non mi ha aiutato e da subito sono stato disturbato da alcuni
particolari �concreti� che mi si imponevano un po� irritanti: il
�professor� Bleuler, presentato come il classico psichiatra del manicomio;
Ferenczi che sulla nave � un piccolo accompagnatore di Freud; forse le smorfie
esagerate e insistenti di Sabine�! Inoltre, io nei film aspetto sempre che il
regista, ad un certo punto, mi sorprenda con un cambio di codice che mi aiuti a
vedere un�altra storia: la storia di Sabine la conosco bene, ma volevo vederne
un�altra. Poi ho parlato con una mia amica e ho pensato che forse ero andato
al cinema con �troppi desideri e troppe memorie� che mi hanno impedito di
cogliere una nuova storia. Ho il sospetto piacevole di volerlo rivedere. ��ma
sarebbe un errore ignorare la falda produttiva (Ferenczi,1931,
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