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LA VITA SOGNATA DAGLI ANGELI "Non me ne frega niente di essere umiliata! Perch� non sono stata umiliata fino ad adesso? Trattata come una merda in una vita di merda?" Siamo a circa met� film, abbiamo ormai conosciuto da tempo Isa e Marie e abbiamo condiviso intensamente ( e forse al di l� delle nostre aspettative) la loro precariet� di giovani ventenni francesi. Una delle due, Marie, si rivolta contro l�altra con quelle parole che descrivono tutto il vissuto di una esistenza difficile, di tante esperienze traumatiche passate, di un senso ormai acquisito di ineluttabilit� della vita. Sono diventate amiche da poco, unite da circostanze fortuite, conviventi per necessit� (inizialmente di Isa, ma anche Marie forse non poteva pi� stare da sola), strette in un legame dove curiosit� reciproca, bisogno di appoggio, scherzo e ironia le alimentavano di pi� delle abbondanti e fortuite colazioni mattutine. Una terza ragazza li unisce, Sandrine, in coma in ospedale per un incidente dove � morta anche la madre e che ha lasciato la sua casa libera di essere momentaneamente occupata dalle sue "amiche", ancora a lei sconosciute. Tre, non due quindi, adolescenti in difficolt� che riescono a tenerci attenti e coinvolti con una tensione ed un dolore che facilmente riconosciamo, in quanto molto simile a quello di tante esistenze precarie che ci chiedono aiuto durante il nostro lavoro quotidiano. La loro giornata � all�insegna dell�accogliere momento per momento quello che una certa libert� � in grado di dare solo a delle giovani vite senza programmi e regole da cui dipendere. Ma da una stessa condizione esterna si delineano due diversi modi di vivere il proprio mondo interno, in cui la vitalit� dell�una (Isa) contrasta sempre pi� con la distruttivit� dell�altra (Marie). Anche nei riguardi di Sandrine la differente modalit� di reazione delle due ci avvicina al loro diverso vissuto personale. Marie non ne vuole sapere nulla, non riesce ad immedesimarsi anche col suo dolore avendo gi� tanto a che fare col proprio, Isa riesce a d andarla a trovare, a starle vicino, a scrivere nel diario della moribonda la cronaca di quelle settimane vissute al buio. Ci chiediamo durante il film dove queste ragazze possono trovare le risorse per andare avanti e si capisce come Isa recupera nei rapporti interpersonali un senso di identit� che la vita di tutti i giorni rischierebbe di allontanare da s�, mentre Marie tra ritiri, silenzi, concessioni del suo corpo e chiusure emotive non pu� fare a meno di farci intravedere in ogni piega del suo viso giovane e triste, la sua perenne solitudine in mezzo a tante persone. Diventa sempre pi� evidente come la difficolt� di utilizzare le risorse esterne non dipende dalle condizioni di vita di entrambe, ma da come ognuna di loro riesce a dare a se stessa la possibilit� di ascoltarsi in mezzo alla pressocch� totale mancanza di adulti che possano funzionare da punti di riferimento protettivi. Un film, da rivedere anche una seconda volta, apparentemente "verista" ma fondamentalmente poetico, con una capacit� di farci patire senza trascinarci mai ( o quasi) proprio di fronte alle tragedie, ma lasciandoci sempre come alla soglia di una stanza da cui provengono voci e silenzi che insieme ad offese ed umiliazioni ci danno il senso reale della sofferenza umana. Il "presente" giganteggia senza darci la possibilit� di allontanarci da ci� che vediamo con spiegazioni od interpretazioni di un passato immaginabile ma non definibile, lasciandoci soltanto l�opportunit� di vivere le diverse vicende descritte in tutta la loro imprevedibilit�. Il regista Erick Zonca, per la prima volta alle prese con un lungometraggio, descrive i suoi personaggi con una partecipazione affettiva e leggerezza tale da lasciarci alla fine con la consapevolezza di quanto la vita di un adolescente abbia in s� risorse e possibilit� che mai considerate perse per sempre, debbono essere tenacemente ricercate, con le parole di Isa, "nella vita che vuoi, che sogni ogni giorno, ogni istante". Paolo Boccara |