| |
Memorie
e possibili verit�.
Diaz
- Don't clean up this blood,
di D. Vicari, 2012
Giuseppe
Riefolo
�le
testimonianze sono per definizione
soggettive
e condannate all�inesattezza�
(Didi-Huberman,
2003, 52)
All�epoca
dei fatti di Genova ero fuori Roma e ricordo che seguii gli avvenimenti
continuamente appiccicato alla televisione. Ti coglie la singolare dissociazione
di porsi dalla parte della telecamera, e ti chiedi come siano possibili quelle
riprese cos� dall�interno di situazioni pericolose. Partecipavo a quella
sensazione di particolare immunit� che riferiamo a quelli che stanno
riprendendo le scene con la telecamera sulla spalla: difficile immaginare che
chi sta riprendendo possa essere in pericolo; eppure sappiamo che non � cos� e
che ci vuole coraggio. Peraltro �si dimentica tutto
ci� di cui fenomenologicamente (la fotografia)� testimonia a proposito del
fotografo: l�impossibilit� di inquadrare, il rischio corso, l�urgenza, la
corsa, forse la goffaggine, l�accecamento di fronte al sole, il fiato corto�
anche questa urgenza fa parte della storia� (Didi-Huberman, 2003, 58).
Era
ovvio per me stare dalla parte dei manifestanti, ma sempre pi� in quei giorni,
dalle scene che venivano dalla televisione e da ci� che si leggeva, confesso
che non sapevo con chi stare: erano assurdi i poliziotti, ma mi sembravano
assurdi anche quelli che lanciavano bottiglie e sassi contro i poliziotti. Io so
di me che, se serve, non sono uno che ha paura, ma in quelle situazioni non ci
credo e so che non si va da nessuna parte. Ho riprovato le stesse sensazioni
recentemente, lo scorso ottobre nei conflitti fra polizia e manifestanti a Roma:
a che serve? Poi ho la precisa sensazione che tutto rimane l� e quei
poliziotti, ma soprattutto quei ragazzi che lanciano bottiglie e sassi, poi
tornano a casa e non sono pi� quelli. Per questo ho una compulsiva curiosit� a
leggere le storie di quelli - manifestanti o poliziotti - che poi sono arrestati
o magari feriti: ognuno ha genitori che si stupiscono di quello che hanno fatto
i figli; ognuno ha una famiglia ed un letto dove torna a dormire; ognuno il
giorno dopo ha un lavoro o l�universit� o il posto dove passa le giornate con
altri amici. Dopo i fatti di Genova � per quanto mi veniva ovvio sapere delle
loro diverse appartenenze politiche e sociali e, in un certo senso, sapere chi
avesse ragione e chi torto � Placanica e Giuliani, il giorno dopo erano della
stessa pasta e la vita che entrambi avevano perso � ognuno a modo suo � non
valeva proprio la pena di essere stata giocata per qualcosa che, nel tempo
lungo, diventa niente: �la verit� non pu� consistere in pochi dati
polverosi� che importanza hanno, alla fine della vita la verit� e la
menzogna?� (Marai, 1942, 152). Il film mi � servito a vedere pi� chiara
questa sensazione che, per quanto mi riguarda, chiede coraggio da parte mia per
essere riconosciuta perch� mi verrebbe pi� facile schierarmi, tenendo per�
sospesa la dura sensazione di non sapere a cosa quelle situazioni possano
servire. Il film mi ha aiutato a capire questo perch� evidentemente voleva
dimostrare qualcosa di preciso, ovvero quello che sul piano concreto poi
sappiamo � realmente accaduto, e cio� che i poliziotti, e soprattutto i loro
capi, avevano solo deciso di trovare dei nemici laddove non c�erano nemici.
Per�, a questo punto scopro che ho appena visto un film che vuole passarmi una
verit�: come sono veramente andate le cose. Non voglio dire che le cose
non siano andate cos� come il film vuole propormele, ma ci� che per me �
difficile accettare � il metodo, che ha qualcosa di violento. Il film non mi ha
aiutato a sognare i fatti e sembrava mi suggerisse: se le immagini dicono
questo, allora questo � ci� che � veramente accaduto! Il momento di
maggiore irritazione lo sentivo nel testo finale, prima dei titoli di coda, in
cui il regista confessa che tutto quello che � stato narrato � stato
letteralmente preso �da testimonianze oculari e dalle deposizioni degli atti
processuali�. Ovvero: il documento � il fatto e l�evidenza del
documento � tale che la verit� non si discute: �relegandole
subito nella sfera del documento � cosa assai pi� facile e corrente � ne
cancelliamo la fenomenologia, la specificit�, la sostanza stessa (Didi-Huberman,
2003, 53). A questo punto la verit� del documento impedisce che piccoli
particolari abbiano un loro senso e che, connessi alla verit� del documento
possano tracciare posizioni particolari che non necessariamente devono tendere a
negare la verit� del documento, ma permettano storie che ciascuno pu�
organizzare perch� le nostre storie sono l�intersezione continua dei fatti e
del nostro modo di viverli: �il termine memoria� rappresenta qualcosa che
considero fuori luogo nella conduzione di una psicoanalisi da parte di un
analista. I parenti stretti di un paziente sono oberati di memorie che li
rendono giudici assai poco attendibili della personalit� del paziente e non
idonei a fargli l�analisi� (Bion, 1974, 17). In sostanza � quanto accaduto
durante l�intervento militare in Iraq: chi aveva perplessit� o contrariet�
con questa posizione, immediatamente veniva messo nel gruppo di quelli che
sostenevano Saddam Hussein: le posizioni possibili erano solo due e
necessariamente costringevano ogni posizione soggettiva al loro codice. Mi
chiedo (ma la risposta, ovviamente la so proprio perch� mi faccio la
domanda�): � possibile che un�immagine possa essere un documento? In questi
giorni leggiamo di un calciatore che � stato fotografato insieme a dei mafiosi
slavi ed � facile dire che lui � un venduto. Poi leggo la sua storia e quella
fotografia, che all�inizio era un �documento inoppugnabile�, lascia spazio
ad tanti altri possibili percorsi forse perch� �se
vogliamo sapere qualcosa dell�interno del campo, bisogna che prima o poi
paghiamo un tributo al potere delle immagini. E bisogna che tentiamo di
comprendere la loro necessit� proprio a partire dalla loro vocazione a restare
sempre in difetto� per sapere occorre immaginare� (Didi-Huberman,
2003, 66 e 15). Il film mi ha fatto pensare che se i documenti fossero la verit�
e, ancor pi� se le immagini fossero documenti, io non potrei essere
psicoanalista.
�ho
avuto una grande emozione nel rivedere a casa dei miei una foto di mia madre:
lei era in primo piano ed aveva uno sguardo cupo.. si capiva che aveva un grande
nero dentro. Sullo sfondo si intravedeva, sfocata, una massa informe che dovevo
essere io. La cosa strana � che quella foto era l�, su un buffet, da
sempre e che non mi ero mai accorto che in fondo all�inquadratura c�ero io.
La foto mi ha fatto molta tristezza sia nel vedere mia madre che nonostante
l�aspetto felice e il portamento elegante e femminile presentava in modo molto
evidente il nero che ha sempre avuto dentro e che io ho sempre conosciuto, ma
poi scoprire quale massa informe potevo essere io a quel tempo�.
Avevo
appena visto Diaz e non sapevo capire come mai continuavo ad essere
perplesso nonostante gli amici con cui l�avevo visto si fossero tanto
emozionati. Loro stessi non capivano perch� io non partecipassi al loro
entusiasmo. La descrizione che Donato mi portava ora in seduta mi permetteva di
capire cosa era sospeso rispetto a quello che avevo visto e vissuto nel cinema
il giorno prima. Riesco quindi a suggerire a Donato che quella immagine
evidentemente era sempre stata l� ferma ed ora aveva preso a muoversi�
presentava una sua profondit� e finalmente lui emergeva per quanto informe e
sfocato.
Il
film parla di categorie e non di persone: ragazzi che si incontrano e che hanno
un loro impegno civile; ex pensionati della CGIL; un imprenditore capitato l�
per caso solo perch� in quei giorni non trova posto in albergo e un giornalista
impegnato che non pu� accettare di rimanere fuori da quegli eventi.
Dall�altra parte i poliziotti nelle loro sfumature di categorie umane: dal
fanatico violento: �i miei non li tengo pi�!� a quello che sa farsi domande
sulla propria funzione: �lo sai che rischiamo di fare trenta morti, oggi?�
e, testimone delle aggressione dei propri colleghi ad una giovane ragazza
inerme, pu� dirle �Sorry!� e, ai colleghi che non lo ascoltano:
�Fermatevi! Basta!�. Non ho dubbi che i documenti a cui ha attinto il
regista presentino esattamente questi soggetti e, quindi, che questi soggetti
siano esistiti veramente (anzi: realmente), ma questo � coerente per una
indagine, magari per un certo tipo di documentario, ma quando queste categorie
diventano un film, per me assumono una dimensione di falsit� che vuole rendere
soggettiva qualcosa che invece � una categoria: personaggi che visibilmente
sono l� a dimostrare qualcosa che va dimostrato, ma anch�io penso che �non
mi pare che il cinema sia fatto per provare una qualsiasi cosa� (Truffaut,
1987). Mi ha fatto riflettere qualche giorno fa un commento di Jean Renoir alla
ripresentazione de La grande Illusione (1937): anche in questo caso si
ribadisce che i documenti sono �rigorosamente veri�, ma il regista sa che
quelle storie della prima guerra devono toccare angosce di ora: �le
storie narrate ne La grande illusione sono rigorosamente vere e mi sono
state raccontate da parecchi compagni d�armi della Grande Guerra� Alla fine,
La grande Illusione � storia di gente come noi lanciata in quella
straziante avventura della guerra. E le domande che si pone oggi il nostro mondo
angosciato, somigliano molto a quelle che Spaak, io stesso e molti altri ci
ponevamo quando preparavamo questo film�� (Renoir, 1956). E� possibile che
i fatti di Genova siano ancora troppo vicini per poter essere rivissuti
ora, mentre, imprigionati nella zona traumatica, possono solo essere conosciuti
per come sono accaduti allora. Si potrebbe, quindi, dire che il film � stato
fatto molto presto, ma personalmente penso che in queste situazioni non �
soltanto questione di tempi, ma soprattutto di uso di dispositivi per sognare
il trauma, e i film possono servire a questo.
I
personaggi del film li sento distanti: sento che �recitano�, spettatori di
una storia che � quella che deve essere narrata; loro ne sono solo gli attori
perch� la storia si realizzi. Persino, alla fine, la cicatrice sul mento della
ragazza ho trovato che volesse presentarmi una innegabile realt�. Non ho
avuto dubbi che quella ferita, nella realt� fosse esattamente nella posizione e
delle dimensioni esatte di quella che il film ora mostrava: ma perch� la verit�
deve passare dalla realt�? La realt� � una possibile sedimentazione concreta
della verit�, un modo in cui ci� che � vero si presenta, ma io so che quella
verit� potr� avere altre infinite icone. Mi sembrava che la telecamera
sottolineasse particolarmente la ferita e che l�attrice la ostentasse in modo
particolare. Didi-Huberman (2003, 53) in questo caso parlerebbe di �prestare
disattenzione� che consiste, da un lato nel ritoccare le immagini �per
una volont� folle di dare volto a ci� che nell�immagine � solo movimento e
scompiglio� e dall�altro ��nel ridurre e asciugare l�immagine ... in
altre parole, nel vedervi solo un documento dell�orrore�. Quando
racconti una storia al cinema, racconti mille storie, soprattutto quelle degli
spettatori, anche di quelli che quella volta non c�erano, e non la tua storia
di allora: �un film �. dovrebbe mostrare non un�idea centrale, ma molte.
Non dovrebbe rivelare una �filosofia della composizione� coerente, ma dovrebbe
vivere sulla, e in virt� della, sua magnifica instabilit�� (Eco, 2012). Se
imponi la tua storia di allora, lo spettatore smette di sognare ed �
imprigionato su una sedia molto scomoda. A me i film piacciono quando fanno
vedere appena.
Dopo
qualche giorno Donato mi racconta di aver fatto un concorso e, per questo ha
dovuto incontrare all�universit� il �barone� con cui aveva fatto un
difficile esame circa 30 anni fa: �� stato l�unico 29 sul libretto!�
perch� gli disse che lui non aveva frequentato, ma la cosa era assolutamente
falsa perch� lui aveva frequentato sempre, magari tenendosi nelle ultime
file�. Gli chiedo un po� provocatoriamente se quello fosse il voto pi�
basso che avesse preso all�universit�. �Certo!�, mi risponde prontamente.
Io penso alla foto che ora ha preso a muoversi e finalmente lo fa uscire dallo
sfondo, e lui pu� vedersi informe insieme a quel nero che ha sempre conosciuto
ma mai pensato di sua madre (Bollas, 1987).
Gli
dico che quell�incontro col professore fa emergere un aspetto di lui che
finora non si doveva riconoscere, eppure riguardava una sua profonda ferita in
cui lui c�era, ma non era visto. Finalmente in analisi, io e lui possiamo
vedere che lui esisteva oltre l�obbligo di dover essere perfetto o invisibile
(inesistente).
Mi
risponde che finalmente si � deciso a fare la domanda per un altro concorso, ma
forse non avrebbe dovuto, perch� bisogna lasciare spazio ai giovani!
Suggerisco
che forse sta chiedendo che ci sia spazio per il suo passato, quando esisteva ed
era informe e prendeva 29 e per questo non aveva spazio.
Dopo
alcune sedute mi annuncia che ha con s� la foto e che vuole che io la veda.
Intanto mi racconta un sogno: �Ero con i miei genitori. Avevo preso dalla loro
casa bicchieri che si erano rotti e li portavo nella borsa: Mi chiedevo: perch�
portare bicchieri rotti e non lasciarli a casa?� Suggerisco che si sta
chiedendo perch� portare la foto e farmela vedere. Personalmente, gli dico, non
avrei problemi a vederla, ma forse sta suggerendo che non � il caso che io veda
la foto, perch� la foto deve rimanere nel suo spazio ed io devo poterla
immaginare mille volte, altrimenti tutto si ferma. La sua risposta mi ha dato la
sensazione emozionante di una viva intesa fra noi: �stavo pensando alla madre
di una mia amica che sono andato a trovare recentemente. Si tratta di una donna
molto vecchia e malata, bloccata su una sedia e che non riesce oramai neanche a
riconoscermi. Mentre eravamo in un�altra stanza, lei si � messa a cantare �Anema
e core� in un modo appassionato che mi ha commosso, perch� non avrei mai
immaginato che quella donna potesse cantare con quell�intensit��.
Avere
memoria di ci� che � stato pu� significare la compulsione a ricordare, ma ci�
impedisce per definizione l�esperienza nuova (ovvero, la tensione evocativa e
poetica) del fatto. La differenza, per me, quando sono al cinema � che i fatti
mi permettano l�esperienza del fatto che � magari attraverso ricordi/memorie
insature � non ho potuto avere allora: �l�esperienza� fluisce nella
mente come se fosse un tutto, che in un certo momento � assente e nel momento
successivo � presente� (Bion, 1974, 16). Dieci anni fa a Genova, quando i
fatti erano pesanti, era difficile vedere oltre. Adesso, se i ricordi rinnovano
i fatti posso ancora perdere l�occasione di fare una nuova, pi� leggera,
esperienza di quei fatti. Ma io non vado al cinema (e non faccio l�analista)
per recuperare ricordi, ma per avere un�esperienza nuova che allora non mi �
stata possibile. Sono abbastanza convinto che �per rivivere i valori del
passato bisogna fantasticare e sognare, bisogna accettare la grande dilatazione
psichica della r�verie, nella pace di un grande riposo. Allora la
Memoria e l'Immaginazione rivaleggiano per restituirci le immagini che
appartengono alla nostra vita� (Bachelard, 1960, 116).
�L�immagine
� un atto e non una cosa.
L�immagine
� coscienza di qualche cosa�
(Sartre,
1936, 162)
Bibliografia
Bachelard
G. (1960). Po�tique de la r�verie, Paris, P.U.F., ed. it. di Giovanna
Silvestri Stevan, La poetica della r�verie, Bari: Dedalo, 1984.
Bollas
Ch. (1987). The shadow of the object: Psychoanalysis of unthought known.
Free Ass. Books, London. ed. it. L'ombra dell'oggetto Borla,
Roma, 1989.
Eco
U. (2012). Il fascino della Venere di Milo. Parti mancanti, eccessi e zeppe,
l�arte delle opere imperfette. La Repubblica, 7.7.2012, 44-45.
Kiarostami
A. (2003). Due o tre cose che so di me, in Barbera A., Resegotti E. (a cura di),
Kiarostami, Electa, Milano.
Bion
W. R. (1974). Il cambiamento catastrofico, Loescher, Torino, 1981.
Didi-Huberman
G. (2003). Images malgr� tout, ed. de Minuit , Paris, ed. it. Immagini
malgrado tutto, Cortina, Milano 2005.
Marai
S. (1942). Le braci, ed. it. Adelphi, Milano, 1998.
Renoir
J. (1956). La Repubblica, 29.6.2012.
Sartre
J.-P. (1936). L'Imagination, PUF, Paris, ed. it. L'Immaginazione.
Idee per una teoria delle emozioni, Bompiani Milano, 1962.
|